Nero, rosa, grigio. Rumore di onde e passo pesante, lento. L’occhio vaga cercando il movimento, tradito dall’onda che trascina la sabbia. Piccola, celata negli anfratti la Vita era sopravvissuta e si affacciava verso il mare ma ancora non si mostrava nella sua potenza esplosiva, troppo provata dall’estinzione che l’aveva portata quasi a scomparire del tutto.
Sono partito da poco da Forno di Zoldo e sto risalendo la valle; il mio obiettivo è il Monte Pelmo, ma la meta è ancora lontana. È appena sorto il sole e gli occhi, distrattamente, vagano rapidi sulla roccia su cui cammino: è un’abitudine che da sempre mi accompagna, la ricerca di una forma nota nel terreno, e che più di una volta mi è tornata utile. Ora, nel brillare di piccoli cristalli di mica su un grosso blocco di roccia riconosco quella stessa luce che si riflette nella sabbia delle spiagge dell’Adriatico, quelle vicino al delta del Po, dove vivo.
La roccia è umida e questo mi permette di distinguere meglio i dettagli. Lo scarpone si poggia sulle ondulazioni tipiche di una spiaggia, anche se ora esse appaiono indurite dal tempo e fossilizzate nella roccia: non posso non immaginare come fossero state queste montagne quando la roccia era ancora sabbia e la luce del sole, riscaldando un nuovo giorno, accompagnava la rinascita dell’intero pianeta.
La valle in cui mi trovo, dopo l’estinzione, era una enorme distesa di sabbia leggermente coperta dall’acqua di un mare sottile. Nessuna montagna interrompeva l’orizzonte! Tutto appariva estremamente piatto, spesso coperto dalla foschia che nascondeva in lontananza il colore rossastro del fango a fatica colonizzato da molluschi e piccoli vermi. Adesso quella sabbia è una roccia spesso di color vinaccia, talvolta più chiara. Si presenta in strati ben evidenti, formando piccoli scalini; all’interno di essa talvolta si vedono conchiglie ma più in generale manca quella diversità di organismi che poco dopo avrebbero dominato i mari delle Dolomiti. A parte il leggero frangersi delle onde sulla battigia, l’ambiente era privo dei suoni che adesso mi stanno accompagnando lungo il sentiero: non vi era frinire d’insetti o lo sbattere d’ali di un merlo acquaiolo ad accompagnare il cammino.
Era l’alba, ma evidentemente per molti era ancora troppo presto per uscire all’aperto.
Per approfondire:
Douglas H Erwin, 2008 – Extinction: How Life on Earth Nearly Ended 250 Million Years Ago – Princeton University Press
Michael Benton, 2005 – When Life Nearly Died: The Greatest Mass Extinction of All Time – Thames & Hudson Editori
La vita nel permiano nelle photogallery del National Geographic
credits: photo by Matteo0702 (l’alba vista da Cornigian)
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Non posso che complimentarmi, da paleontologo, per il bel contributo alla conoscenza della complessa e meravigliosa geologia dello Zoldano senza nulla togliere ovviamente alle altre numerose attrattive naturalistiche e non di questo anngolo di Dolomiti. Perché non proseguire quindi, dopo lo Scitico, con le notevoli faune fossili anisiche del calcare di Dont cosi’ ben rappresentato nei monti .Magari ci penso io e chissa’, l’appetito vien mangiando, che non si possa avvicinare alla materia un bel gruppo disposto a camminare su antichi fondali marini .