Ricordo di fine estate scorsa….
Partendo dal Passo Staulanza si imbocca un bel sentiero che conduce ai piedi del Pelmetto dove sono state rinvenute le prime impronte di dinosauro nelle Dolomiti. La scoperta fu fatta alcuni anni fa da un appassionato, Vittorino Cazzetta, che vagando per monti con la curiosità solleticata dalla bellezza, si imbatté in un enorme sasso, sul quale, lungo un piano di stratificazione esposto, si notavano regolari e strani buchi allineati di dimensione e direzione diversa.
In pratica l’enorme blocco di dolomia conserva una superficie liscia, che corrisponde ad un pezzo fossile del fondale marino, formatosi in un mare poco profondo e in un contesto climatico tropicale. In questo ambiente, che di fatto era una piana con lagune invasa periodicamente dal mare, vagavano i primi dinosauri triassici. I più antichi del mondo, giravano alla ricerca del cibo, piantando le loro zampone (e zampette) nel fango. Proprio così, i buchi nella roccia del masso alla base del Pelmetto sono impronte di dinosauri.
Spesso si è portati a pensare che il vero fossile di dinosauro sia lo scheletro, magari con il cranio e i dentoni compresi, ma si sottovaluta l’importanza scientifica delle impronte. Infatti, se queste sono ben conservate e continue, raccontano di come l’animale viveva: si può dedurne il peso, la velocità, la modalità con cui si spostava (corsa, andamento lento, strategie di caccia, strategie di fuga, etc.). Tutte notizie non desumibili facilmente dallo scheletro. L’ambiente attorno al grande blocco delle impronte del Pelmetto è molto bello. La grandezza del Pelmo, da questo punto subito a ridosso delle verticalità della parete ovest, toglie letteralmente il fiato. È nuvoloso, e il profilo roccioso compare e scompare. Intermittenti cumuli di nuvole ne abitano la cima, ed ogni volta che si dissolvono, riscaldati dagli sprazzi di sole o spazzati dal vento, regalano un’incredula emozione.
Un’emozione incredula derivante dalla maestosità di questa montagna e dalla sorpresa di non essere in grado di coglierne e fissarne precisamente la dimensione. Mi sento piccolo. Il punto di vista umano forse è troppo piccolo per far entrare nella percezione certe cose. Tornando, penso che, forse, anche le mie impronte, che sto lasciando in queste tenere argille rosse dove si è conficcato il blocco “segnato” dai primi dinosauri dolomitici, verranno ricoperte e conservate dalla natura. Magari poi saranno studiate fra migliaia e migliaia di anni. Blocco il pensiero e cerco di ritornare come mi sentivo al cospetto del Pelmo: piccolo! È proprio vero che la presunzione umana non ha limiti e che è difficile accettare il ruolo, naturalmente piccolo, che ci concede l’enormità del Tempo.