Gen
07
2014

L’Epifania in Val di Zoldo: i Paaruoi

I Paaruoi, in Italia per capirci, possiamo associarla al falò dell’Epifania, è un’antichissima tradizione celebrata in diverse parti del mondo, in tutte con nomi differenti. Paaruoi deriva da pàia, ossia paglia, ed è un evento sentito al punto tale che veniva allestito in varie località della Val di Zoldo e spesso chiamato con sfumature diverse del dialetto, pavàruoi o paiàruoi ad esempio. Oggi si conoscono ufficialmente i Paaruoi di Forno, una serata che raccoglie l’intera valle ogni 5 gennaio in una grande festa con pastìn, cialde calde da mangiare e ottime grappe artigianali.

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(Foto Renato Mosena)

Una grande piramide di legno (una volta era spesso di paglia, come dice il nome), con in cima una svettante vecchia signora fatta di stoffa, certe volte con tanto di occhiali da sole, di per sé moderna e spiritosa, peccato le spetti una brutta sorte. Mentre si gusta un buon panino e si aspetta la Befana arrivare sulla lùoza (la grande slitta caratteristica zoldana), il grande falò viene acceso, riempiendo di stupore i bambini.

Un saluto unanime al nuovo anno appena arrivato e un addio a quello vecchio. Brusà la vécia, è lasciarsi alle spalle il passato, lasciar volare in alto fino al cielo i ricordi, come le fiammelle della notte dei Paaruoi. Ma i Paaruoi possono rappresentare anche il futuro, l’attesa e l’emozione dell’avvenire che è alle porte. In base al’andamento delle balìve (faville) infatti, una volta si pronosticava la ricchezza del raccolto.

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(Foto Renato Mosena)

Ci sono varie tradizioni legate all’Epifania. La vigilia del 6 gennaio un tempo, nelle famiglie si cucinavano le lasagnette con la puìgna (ricotta affumicata) e la prima spirònada (un boccone) della pietanza veniva gettata nel fuoco del foghèr, per i dà da magnà al fuoc (dare da mangiare al fuoco) affinché non bruci mai la casa. Oppure, si raccoglievano delle bronze (braci), le si appoggiavano in parte, sul larìn (la pietra del foghèr), e si associavano a ognuna di loro un frutto della terra diverso (mais, orzo, patate, fagioli, fave): in base a come e in quanto tempo si raffreddavano, si prediceva la prosperità di tali semine. Sono gesti ancora presenti nella memoria di mia nonna, non troppo lontani, ma che continuano ad affascinarmi quasi fossero ormai un tesoro dimenticato.

Perché nella notte tra il 5 e il 6 gennaio si narrava accadessero strani incredibili avvenimenti: gli animali domestici parlavano (anche se nessuno lo ha mai testimoniato personalmente!) tanti fuochi venivano accesi sulle montagne, in uno scenario magico e misterioso come il futuro stesso. Come non nutrire nostalgia e curiosità per quest’atmosfera fantastica, da favole?

 Tradizioni e credenze raccontate anche nel volume: “Notizie di storia zoldana nelle memorie di Luigi Lazzarin” a cura di Floriano Pellegrini, Silvano Zammatteo e Paolo Zammatteo.

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