Negli spazi aperti della Val Belluna, non molto distante dal Piave, fiume che unisce e diversi territori col suo passaggio e la sua storia, troverete custodita un po’ di Val di Zoldo.
Siamo a Cesiomaggiore, presso museo etnografico di Seravella. L’edificio che lo ospita è un’antica villa ottocentesca, dove è distribuita su tre piani la mostra permanente, ricca e ordinata secondo le numerose tematiche della vita quotidiana di una volta.
Mangiare, coltivare, allevare, l’emigrazione, il folklore, le credenze e la religione, insomma tutte le realtà dei popoli di montagna. Le testimonianze e gli oggetti provengono dall’intero territorio del Bellunese, essendo il museo ufficiale dell’intera Provincia e del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Livinallongo, Val di Zoldo, Feltre, Selva di Cadore, tutti hanno partecipato a raccogliere una storia spesso comune e talvolta diversa, oppure semplicemente vissuta e interpretata differentemente.
Attrezzi sino a poco tempo fa utilizzati ogni giorno, che in questo contesto diventano dei veri e propri reperti, il pezzo unico da conservare per non dimenticare, con tabelle correlate dove se ne riassume la preziosa funzione.
Di frequente, l’esposizione non si risparmia in dettagli precisi sugli usi e tradizioni delle diverse culture. L’impressione è di vedere un quadro unitario e allo stesso tempo accurato, dove ogni identità trova il suo spazio.
Splendida è la sala dedicata all’inverno, alle sue fatiche e ai momenti di svago. Il forte chiarore della neve nelle immagini d’epoca in bianco e nero che fanno da sfondo predomina, rievoca il freddo sopportato in quei pesanti inverni.
Tra magnifiche slitte e sci, ecco le gerle e le ciaspe, come mi era già stato spiegato, ai quei tempi non viste come attrezzatura per il tempo libero, ma indossate durante il lavoro.
Azzeccata l’ambientazione pensata per le leggende popolari: un Om Salvarech alto quanto una persona e ricoperto di muschio e licheni fa da guardia a un altro personaggio dell’immaginario, il Mazaròl o Comparétol, una sorta di vispo folletto dei boschi con poteri magici.
Bella e ben raccontata la sezione riguardante l’emigrazione, soprattutto quella verso il Brasile e l’America latina, tra lettere, memorie di viaggio e valige che sembrano non essere mai state disfatte.
Ma il museo di Seravella non è fatto solo per gli occhi: è possibile ascoltare le interviste dei più anziani delle varie vallate, fruibili da piccoli totem interattivi, e scoprire così la grande straordinaria varietà dei nostri dialetti.
Non mancano inoltre, le star del museo che tanto amo, gli oggetti da lavoro resi delle vere opere d’arte dai loro proprietari, così proprio come nel museo etnografico di Goima.
Regalatevi un bel viaggio nel passato, nel profumo del legno e nelle voci dei tanti abitanti della montagna, tra le loro mille difficoltà, pervase sempre da semplicità e da un’umile e delicata raffinatezza.
Foto di copertina di proprietà del Museo etnografico di Seravella.
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argomento molto interessante e ben scritto. Spero di poter visitare questo museo prossimamente soprattutto per la parte riguardante la Val di Zoldo.MT
Ciao! Il museo vale proprio una visita, perché molto ricco, ordinato bene e in modo chiaro, e molto grande!
Fanno anche diverse iniziative formative, al seguente sito puoi trovare tutte le informazioni: http://www.museoetnograficodolomiti.it/nqcontent.cfm?a_id=6673
Non c’è una parte dedicata esclusivamente alla Val di Zoldo, non essendo suddiviso per aree ma per tematiche, ma vedrai che in diverse occasioni c’è un focus anche sulla nostra valle. Buona visita!