In vista delle prossime iniziative, previste dal Progetto “Villaggi degli alpinisti senza frontiere” (per le news seguite Lo scarpone online), vi riporto le impressioni di un’uscita con CAI escursionismo giovanile, nel corso del seminario dello scorso luglio.
Ed eccomi qui, reduce da una gita al Rifugio Bosconero, con ancora quel formicolio nelle gambe stanche che si ha dopo una bella camminata. Conosco persone (io ad esempio sono una di quelle, lo ammetto!) che spesso decidono la domenica alle dieci di mattina la meta di un’escursione davanti a una tazza di caffé. Altri, se non vedono il cielo completamente sgombro dalle nuvole, non ci pensano nemmeno, di prendere su lo zaino e di andare in giro per sentieri. Bene, questo modo di approcciarsi alla montagna non corrisponde esattamente con lo spirito Bergsteigerdoerfer. Così, per adeguarmi anch’io, mi alzo alle 6.30, faccio una colazione sostanziosa e parto. Fuori fa freddino, il tempo non è granché in questi giorni, ma mi equipaggio bene, con ombrello e giacca impermeabile. Le montagne a quest’ora sono limpide, anche se durante il giorno scenderà un po’ di pioggia, al mattino presto sono infuse di un dolce chiarore. Chi vive un villaggio degli alpinisti lo sa bene, e soprattutto è bene informato sulle previsioni meteo. Probabili perturbazioni verso le 15.00, sento dire tra gli accompagnatori del Club Alpino Italiano (CAI) quando arrivo al punto di ritrovo (l’imbocco del Triol del Camillo) prima di partire. Noi per fortuna arriveremo al Rifugio in tarda mattinata.
Il gruppo è composto da circa una trentina di ragazzi dell’Alpinismo giovanile, provenienti da Austria e da varie regioni d’Italia, seguiti dai loro accompagnatori, del CAI e del Club Alpino Austriaco (Oeav). Questa uscita, fa parte del programma di uno dei seminari “Vivi un villaggio dell’alpinismo“, nell’ambito del Progetto Interreg IV Italia-Austria “Villaggi degli alpinisti senza frontiere”. Si tratta di un progetto transfrontaliero, pilota per il nostro Paese, che guarda avanti verso la creazione di un grande e unico territorio alpino, attraverso scambi di idee e culture ma anche convergendo verso un’uniforme comune visione della montagna, quella promossa dalla Convenzione delle Alpi. In questo caso, a unire le forze sono la Valle del Gail in Sudtirolo, con OeAV sezione Austria e sezione di Sillian, e le Dolomiti Bellunesi con CAI Veneto e sezione Val di Zoldo, interessando i Comuni di Forno di Zoldo, Zoppé di Cadore e Cibiana di Cadore.
(Vista di Zoppé)
L’intento, oltre a quello di formare una rete con altre realtà montane, è quello di guardare il territorio con gli occhi di un alpinista escursionista, come se fosse un grande villaggio d’alta quota, dove si respira il bisogno di scoprire una montagna ancora autentica. La necessità Un richiamo che ti fa partire anche se non splende il sole, con una bella felpa addosso magari, ma con la voglia di stare in mezzo agli alberi e alle crode. Un po’ come in questa giornata, dedicata alla varietà del bosco del percorso naturalistico del Fagaré, agli scorci sull’intera catena della Civetta (con le cime ancora innevate) e infine a un té caldo ai frutti di bosco una volta raggiunto il rifugio. Con noi anche una traduttrice del CAI, e Roberto De Rocco, tra i curatori con CAI Veneto dell’iniziativa.
Un’esperienza che sembra non trascurare nessun aspetto della montagna. La flora e la fauna, la storia e i cambiamenti del paesaggio, gli interventi dell’uomo per diminuire l’impatto ambientale e portare avanti esempi di sostenibilità, tra questi, il Rifugio Bosconero con il suo impianto a biogas, è proprio in prima fila. E’ un po’ la filosofia CAI applicata nel concreto, riportare la montagna all’essenziale. Accettando addirittura gli imprevisti, due gocce di pioggia sul cammino o un ramo che ingombra il sentiero, ma allo stesso tempo rispettandola e vivendola in sicurezza.
Le soste sono numerose, per mostrare le casere che si possono trovare lungo il cammino e illustrare la loro antica funzione, per raccontare la tragedia del Vajont dove si scorge la diga di Pontesei, per ricordare i benefici di alcune piante officinali, persino per spiegare le ipotesi etimologiche di “Bosconero”. Delle vere e proprie “pause educative“, i ragazzi possono infatti fermarsi e rifocillarsi, e intanto ascoltare notizie di approfondimento sulla zona interessata dalla loro escursione. Conoscere in maniera dinamica insomma.
Raggiunto il Rifugio, dopo aver assaggiato il té ai frutti di bosco tanto atteso, alcuni si sono soffermati a guardare la parete attrezzata del Bosconero, altri si sono riposati sulle panche esterne, ammirando la vista sulla Val di Zoldo. Altri ancora si sono rintanati nel rifugio al calduccio. Anche mangiare bene fa parte degli obbiettivi del seminario (e della filosofia CAI!), infatti la compagnia non sembra disprezzare le lasagne cucinate per prepararci alla discesa, spazzolando le varie portate. Al termine dell’escursione, la stanchezza non manca, e nemmeno l’occasione per il gruppo di visitare nuovi splendidi luoghi: prossima tappa è Fornesighe, nei giorni successivi, il Monte Rite e Cibiana.
(Uno dei murales della bellissima Cibiana, che a breve saranno sottoposti a un intervento di restauro).
Luoghi che rimarranno nei cuori dei giovani ospiti del seminario (svoltosi dal 29 giugno al 12 luglio, la prima settimana ha coinvolto circa 25 partecipanti italiani), e che potrebbero contribuire a farli diventare dei buoni alpinisti. Chissà, magari tra qualche anno al Rifugio Bosconero potrei tornare e rivedere gli stessi visi stanchi ma soddisfatti di aver raggiunto la meta. Io ci conterei.
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