Pochi sanno che gli Zalet, biscotti di grande fama, a base di farina di mais, la cui origine normalmente viene fissata a Venezia, sono in realtà figli della Val di Zoldo.
Gli zoldani prima di diventare famosi per l’aver portato in Europa il gelato, erano già noti per essere trasportatori di novità. Ambulanti sopraffini. Fin dall’antichità, infatti, gli zoldani sapevano uscire dai loro confini, avevano la mobilità nel sangue. Spinti dalla durezza della vita fra le terre alte, percorrevano a piedi le valli e si affacciavano con grande coraggio e dignità alle pianure, seguendo i fiumi e le strade e portando sempre con loro qualche cosa da vendere. Esportavano i loro prodotti e i loro saperi, in un’ottica sostenibile, non aderente al moderno concetto del Km 0, ma a quello di “tanti km rigorosamente a piedi”.
Passo dopo passo, incontravano l’alterità nella dimensione del commercio. Esportavano pere cotte, ricette (fra cui quella degli Zalet) e pane (furono panettieri a Venezia). E poi il gelato. Spesso si pensa ai montanari come a popolazioni rigorosamente chiuse, ma approfondendo, si scoprono delle attitudini, dettate dalle necessità primarie e sempre orientate all’apertura verso altri orizzonti. I montanari che hanno vissuto questa ed altre migrazioni, mostrano con chiarezza di essere capaci di accogliere, perché un tempo sono stati accolti; di essere generosi, perché un tempo hanno chiesto e gli è stato dato; di essere umili, perché un tempo hanno bussato alle porte e con orgoglio e semplicità hanno saputo proporsi e proporre qualche cosa; di essere furbi, o meglio arguti, perché l’arte del commercio affina le capacità di relazione senza perdere di vista la propria missione (sopravvivere). Mi piace immaginare che gli zoldani, anche se inconsapevolmente, siano stati maestri di promozione turistica. L’andare e l’incontrare sicuramente avevano a che fare con la trasmissione della bellezza delle nostre montagne.
Impossibile (credo) per un veneziano dell’epoca non essere affascinato da queste genti, che venivano da luoghi meravigliosi, descrivendoli con leggende fantasiose, poetiche e terrificanti al contempo.
Anche grazie a questi ambulanti dunque si è instillata la curiosità ed il fascino per la montagna di Zoldo responsabile di quei lineamenti, di quel carattere, di quegli sguardi, di quei saperi. Durante lo scambio di poche frasi in un dialetto così diverso, si è creata la base per l’interesse di molti viaggiatori.
Tornando agli Zalet, noto con un po’ di rammarico che l’origine sia ascritta a Venezia. Purtroppo, anche in altri ambiti accade che queste terre di montagna, con i loro saperi, le loro risorse e meraviglie, siano vissute come luogo da colonizzare o sfruttare. La storia degli Zalet mi sembra dia conferma a questa triste tendenza che non aiuta lo sviluppo di queste terre.
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A questo punto si può avere la ricetta?
Io posso darti la mia vecchia ricetta degli ZAETI, che ha sempre un grande successo perché è semplice e ruspante.
Ingredienti: 350 gr farina 00
150 gr farina gialla da polenta, finissima o anche normale
130 gr burro ammorbidito
180 gr zucchero
1 bustina lievito
1 scorza di limone bío grattugiata
1 bicchierino liquore (facoltativo, se è per bambini meglio di no)
4 uova (4 tuorli e 2 albumi) oppure 3 uova intere
1 presa di sale
Si fa la fontana sul tavolo con la farina setacciata e tutti gli altri ingredienti .
Si lavora ben bene l’impasto e si tira col matterello una sfoglia abbastanza alta,
circa 5 mm e si ricavano dei biscotti piccoletti, piuttosto tondeggianti, io li faccio a cuore.
Si possono pennellate col l’album e o col latte o anche no.
Si mettono nel forno preriscaldato a 180/190 gradi per 10/15 minuti a seconda della grandezza, finché saranno belli dorati.
Controllate li, perché sono veloci in fine cottura.
Sarà un successo!
Piera, sei stata supercarina a mandarmi la tua ricetta! La proverò al più presto e poi ti saprò dire!
Condivido l’apertura mentale e la disponibilità dei montanari descritta nell’articolo in quanto io stessa ho notato anche in tempi più vicini a noi la diversità con persone che han vissuto nel loro habitat senza dover emigrare.
Grazie dell’osservazione!
I periodi di crisi portano spesso a reinventarsi, e così l’emigrazione che ha dato vita a nuove idee. In fondo si può dire che portino sì difficoltà, ma anche nuove energie!